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La leggenda di San Viano
A Vagli di Sopra si nutre una devozione particolare per il santo Viviano o Viano, e poco importa se il suo nome non si trova sul
calendario. Gli storici non hanno parlato molto di questo santo, ma a Vagli è stato proclamato il protettore dei cavatori di marmo.
Il luogo dove si rende culto a San Viano è il monte Tambura. Fra le sue balze e dirupi si trova il piccolo santuario scavato nella roccia, dove dimorò il santo e, nei dintorni del quale, germogliano ancora oggi i cosiddetti "cavoli di San Viviano". Non distante dalla grotta si trovano i segni della devozione del santo: l'impronta del ginocchio e di un piede lasciato impresso nel macigno di marmo. Inoltre, ci sono i tre zampilli d'acqua che miracolosamente scaturirono dalla roccia nella quale San Viano avrebbe premuto tre dita. Tante persone ancora oggi trovano in San Viano un benevolo protettore e a lui ricorrono per ottenere l'immunità dal pericoloso lavoro nelle cave di marmo, o per essere protetti dai fulmini.
Nel 1913, ad esempio, dalle falde della Tambura si staccò un masso di centinaia di tonnellate che precipitò in un luogo dove molti operai stavano lavorando, e dal quale si erano allontanati proprio pochi minuti prima che il masso vi precipitasse. Il mancato disastro fu attribuito ad un miracolo di San Viano e il giorno seguente gli operai salirono sulla Tambura portando ceri votivi e raccogliendosi in preghiera.
La sua vita è avvolta nel mistero. Si reputa che San Viano fosse di origine reggiana o modenese e che avesse oltrepassato l'Appennino per sottrarsi alle persecuzioni della moglie. Poi, arrivato sull'Alpe di Castiglione, si sarebbe incontrato con San Pellegrino e avrebbe poi proseguito fino alle Alpi Apuane, dove trovò lavoro come garzone presso un colono di Castagnora, sotto le cave dei "Prunelli". Era un uomo molto umile e aveva deformazioni fisiche che lo rendevano goffo e ridicolo. Ma egli era paziente e non si arrabbiava mai.
I pastori del luogo non riuscivano a capire il suo modo di vivere e i ragazzi spesso gli davano noia e lo schernivano, talvolta anche gettandogli sassi; ma egli non se la prendeva e sorrideva loro incoraggiandoli ad andargli incontro. San Viano amava la natura in tutta la sua bellezza, specialmente la grandiosità delle vette Apuane e non si lamentava che la terra fosse così esigente ed avara; attendeva ai suoi umili lavori agricoli con religiosità profonda; arava la terra e curava gli animali considerandoli creature sacre. Come San Francesco d'Assisi, chiamava fratelli le piante e gli animali; e gli uccelli lo ricambiavano andandogli intorno, cantando e posandosi sulle spalle, mentre egli era occupato all'aratro. Spesso gettava loro la preziosa semente del grano, prendendosi i rimproveri dei pastori, ma San Viano poco se ne curava e continuava imperterrito a cantare, unendo il suo canto a quello degli uccelli. Ogni anno Dio benediceva le fatiche del santo, rendendo la messe abbondante e compensando, in questo modo, ciò che era stato dato in pasto agli uccelli. Dopo tanti anni di duro lavoro, San Viano sentì il bisogno di elevare più intensamente lo spirito a Dio e desiderò vivere in completa solitudine; così se ne andò da Castagnora e salì su per i fianchi scoscesi della Tambura, ritirandosi a vivere in una spelonca. Il luogo era aspro e inospitale; il cibo e l'acqua scarseggiavano. Allora San Viano recitò un "Pater Noster" e pregò di cuore. La terra fece germogliare dei cavoli selvatici, dal sapore amaro, di cui il Santo si cibò anche d'inverno, quando la neve abbondante gli impediva di uscire dalla sua spelonca. Durante i caldi e aridi mesi estivi, quando l'acqua era difficile da trovare, San Viano, un giorno, dopo avere pregato, pose tre dita sulla roccia dalla quale scaturirono tre zampilli d'acqua. Fu in quella grotta che il Santo morì e il suo corpo vi fu ritrovato dopo molti anni.
Naturalmente esistono varianti alla leggenda sulla vita di San Viano. In alcune di queste, San Viano è semplicemente un viandante, proveniente dall'Emilia, che si ritira a vivere sulle Apuane. I pastori del luogo non lo vedevano di buon'occhio e gli tiravano pietre che per miracolo si trasformavano in pane. A poco a poco, poi la gente del luogo comincia ad apprezzarne le virtù morali e gli vuole bene.
Successivamente intorno alla figura del santo sono nate anche leggende popolari locali, tra cui ne proponiamo due particolarmente significative. La morte di San Viano, La porta pesante.
Il luogo dove si rende culto a San Viano è il monte Tambura. Fra le sue balze e dirupi si trova il piccolo santuario scavato nella roccia, dove dimorò il santo e, nei dintorni del quale, germogliano ancora oggi i cosiddetti "cavoli di San Viviano". Non distante dalla grotta si trovano i segni della devozione del santo: l'impronta del ginocchio e di un piede lasciato impresso nel macigno di marmo. Inoltre, ci sono i tre zampilli d'acqua che miracolosamente scaturirono dalla roccia nella quale San Viano avrebbe premuto tre dita. Tante persone ancora oggi trovano in San Viano un benevolo protettore e a lui ricorrono per ottenere l'immunità dal pericoloso lavoro nelle cave di marmo, o per essere protetti dai fulmini.
Nel 1913, ad esempio, dalle falde della Tambura si staccò un masso di centinaia di tonnellate che precipitò in un luogo dove molti operai stavano lavorando, e dal quale si erano allontanati proprio pochi minuti prima che il masso vi precipitasse. Il mancato disastro fu attribuito ad un miracolo di San Viano e il giorno seguente gli operai salirono sulla Tambura portando ceri votivi e raccogliendosi in preghiera.
La sua vita è avvolta nel mistero. Si reputa che San Viano fosse di origine reggiana o modenese e che avesse oltrepassato l'Appennino per sottrarsi alle persecuzioni della moglie. Poi, arrivato sull'Alpe di Castiglione, si sarebbe incontrato con San Pellegrino e avrebbe poi proseguito fino alle Alpi Apuane, dove trovò lavoro come garzone presso un colono di Castagnora, sotto le cave dei "Prunelli". Era un uomo molto umile e aveva deformazioni fisiche che lo rendevano goffo e ridicolo. Ma egli era paziente e non si arrabbiava mai.
I pastori del luogo non riuscivano a capire il suo modo di vivere e i ragazzi spesso gli davano noia e lo schernivano, talvolta anche gettandogli sassi; ma egli non se la prendeva e sorrideva loro incoraggiandoli ad andargli incontro. San Viano amava la natura in tutta la sua bellezza, specialmente la grandiosità delle vette Apuane e non si lamentava che la terra fosse così esigente ed avara; attendeva ai suoi umili lavori agricoli con religiosità profonda; arava la terra e curava gli animali considerandoli creature sacre. Come San Francesco d'Assisi, chiamava fratelli le piante e gli animali; e gli uccelli lo ricambiavano andandogli intorno, cantando e posandosi sulle spalle, mentre egli era occupato all'aratro. Spesso gettava loro la preziosa semente del grano, prendendosi i rimproveri dei pastori, ma San Viano poco se ne curava e continuava imperterrito a cantare, unendo il suo canto a quello degli uccelli. Ogni anno Dio benediceva le fatiche del santo, rendendo la messe abbondante e compensando, in questo modo, ciò che era stato dato in pasto agli uccelli. Dopo tanti anni di duro lavoro, San Viano sentì il bisogno di elevare più intensamente lo spirito a Dio e desiderò vivere in completa solitudine; così se ne andò da Castagnora e salì su per i fianchi scoscesi della Tambura, ritirandosi a vivere in una spelonca. Il luogo era aspro e inospitale; il cibo e l'acqua scarseggiavano. Allora San Viano recitò un "Pater Noster" e pregò di cuore. La terra fece germogliare dei cavoli selvatici, dal sapore amaro, di cui il Santo si cibò anche d'inverno, quando la neve abbondante gli impediva di uscire dalla sua spelonca. Durante i caldi e aridi mesi estivi, quando l'acqua era difficile da trovare, San Viano, un giorno, dopo avere pregato, pose tre dita sulla roccia dalla quale scaturirono tre zampilli d'acqua. Fu in quella grotta che il Santo morì e il suo corpo vi fu ritrovato dopo molti anni.
Naturalmente esistono varianti alla leggenda sulla vita di San Viano. In alcune di queste, San Viano è semplicemente un viandante, proveniente dall'Emilia, che si ritira a vivere sulle Apuane. I pastori del luogo non lo vedevano di buon'occhio e gli tiravano pietre che per miracolo si trasformavano in pane. A poco a poco, poi la gente del luogo comincia ad apprezzarne le virtù morali e gli vuole bene.
Successivamente intorno alla figura del santo sono nate anche leggende popolari locali, tra cui ne proponiamo due particolarmente significative. La morte di San Viano, La porta pesante.