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La via Vandelli
In breve.
Fra il 1739 e il 1752 il duca di Modena Francesco III fece costruire dal "matematico" Domenico Vandelli una strada che congiungesse Modena a Massa, attraverso l'Appennino tosco-emiliano.
Il matrimonio Cybo-d'Este, stabilito nel marzo 1738 e celebrato nell'aprile 1741, rispondeva agli interessi dinastici degli Estensi, assicurando a Modena uno sbocco al mare; questo fu il motivo determinante di questa strada di comunicazione con la Toscana.
Sembra che la strada sia stata in realtà costruita per scopi militari, per spostare truppe e trainare cannoni fra la Capitale del Ducato e il Tirreno, più che per collegamenti civili: sarebbe stata invece presentata come strada carrozzabile e commerciale per farla in parte pagare alla Comunità locale.
L'antica arteria settecentesca prese il nome di "strada Vandelli" dal nome del suo progettista e tutt'ora esiste.
Più o meno conservata, per ampi tratti dell'Appennino tosco-emiliano.
Dettagli:
L'aspetto che colpisce sulle antiche strade è che esse sono la conseguenza di una profonda intelligenza del territorio, e per quanto ci riguarda la riscontriamo solo a partire dai romani, a differenza degli uomini preistorici o protostorici.
Le antiche vie di comunicazione, per ragioni soprattutto di difesa, erano per lo più vie di crinale.
Solo con la pax romana, che aveva dato tranquillità al territorio iniziano le strade di fondovalle.
Nell'alto Medioevo, in cui le condizioni di sicurezza erano ritornate quasi primitive, favoriscono di nuovo una viabilità di crinale, che era in genere quella preromana.
Questo spiega perché il Vandelli nel suo progetto sicuramente moderno, si sia mosso tenendo conto dei due criteri, senza inventare nulla di nuovo, ma sicuramente migliorando la funzionalità della "strada nuova".
Così Domenico Vandelli quando intraprendeva la "traversata " stradale transappenninica, essa si configurava soltanto come l'ultimo capitolo di una storia stradale di lunga durata, più volte millenaria. La strada da lui progettata in questo tratto, era probabilmente quella che le legioni romane avevano seguito nel trasferimento da Pisa ai "Campi Macri"(Magreta, nei pressi di Sassuolo) nel 177 a.C.
Il tratto invece che da Massa risale la valle del Frigido fino al Passo della Tambura, è un sentiero naturale, una via eterna nella preistoria e nella storia dei Liguri. Fu la via a mare dei gruppi abitanti l'alta Garfagnana e l'Appennino reggiano e modenese, una delle linee di congiungimento fra le due grandi famiglie dei Friniantes e degli Apuani. Così come il tratto da Castelnuovo di Garfagnana fino a Poggio, coincideva con l'antica via Clodia minor.
Tutto questo il Vandelli lo sapeva perché era dedito a molteplici attività attinenti la geografia, la cartografia, l'organizzazione del territorio, oltre che alla letteratura, alla storia, all'archeologia e talora anche alla medicina.
La sua ricca produzione è testimone di una cultura enciclopedica, comune al mondo intellettuale del suo secolo, poco incline alla specializzazione. Del Vandelli cartografo possiamo dire in particolare che la famosa 'Carta del Vandelli' risalente al 1746 costituisce il miglior risultato della cartografia prodotta fino a quella data sul Ducato di Modena quanto a completezza di notizie ed a precisioni tecniche.
La sua profonda conoscenza del territorio è fuori discussione ed eco perché il Duca di Modena affida a lui l'ambizioso progetto di quella che si può definire la prima "strada moderna" nell'Italia del 700. Anche a rischio della noia, dobbiamo richiamare qui i cenni storici che risalgono al matrimonio di Ercole Rinaldo d'Este , erede del Ducato di Modena e Maria Teresa Cybo Malaspina, duchessa di Massa che rappresentò l'unione politica dei due stati.
La costruzione della "Strada Nuova" che doveva congiungere Modena a Massa, rappresenta per il
Duca di Modena Francesco III, la sicurezza di uno sbocco al mare che gli avrebbe consentito
di migliorare i mercati con i paesi vicini e la creazione di un porto per l'attracco dei vascelli cosa che poi non fu possibile a causa dei bassi fondali. In caso di guerra la Strada Nuova avrebbe offerto un'ottima via alle truppe che, percorsa senza pericolo la distanza fra Modena e Massa completamente in territorio estense, potevano giungere con facilità alla costa tirrenica. I progetti furono diversi e l'ingegnere massese Francesco Maria Colombini, affiancato al Vandelli si trova spesso in disaccordo sui luoghi dove far passare il tracciato della Strada della Tambura (così era chiamata nel versante massese).
Il Vandelli criticò duramente le proposte del Colombini e alla fine fu realizzato il suo progetto anche nella parte delle Alpi Apuane.
Certamente uno dei criteri che resero "moderna " la strada, fu proprio per volontà del Duca di Modena che volle la strada larga 10 braccia nei rettilinei e 20 nelle voltate, proprio per permettere il transito dei carri e delle carrozze, al posto delle quattro braccia (circa 2,32 metri) che permetteva al massimo il passaggio delle bussole portate a spalla.
Costruzione:
I lavori iniziano nel 1738, ma dal 1742 al 1748 furono interrotti a causa della
guerra di successione austriaca e l'allontanamento degli Estensi da Modena. Ripresero i lavori nell'inverno 1749 dopo il ritorno degli Estensi. Nel 1751 la strada era praticamente ultimata ma fu percorsa raramente da carrozze nel tratto da Resceto a Vagli a causa dell'asperità del terreno e degli inverni rigidi e prolungati.
La Strada della Tambura non ebbe quindi molto successo e perse presto d'importanza. Inoltre fu costruito un altro percorso più rapido e sicuro che collegava la regione emiliana con Massa, attraverso il Passo del Cerreto e la Lunigiana, transitando per Fivizzano, Fosdinovo, Caniparolo. Ritornerà importante durante il secondo conflitto mondiale, quando la provincia di Massa era separata dal resto dell'Italia dalla Linea Gotica.
La popolazione di Massa e dintorni, duramente provata dalla guerra, produceva sale per evaporazione dell'acqua del mare, che poi scambiava con altre provviste con le genti della Garfagnana e dell'Appennino, utilizzando il passo della Tambura da cui in quegli anni difficili transitarono migliaia di persone spinte dalla volontà di sopravvivere.
Più successo ebbe invece il versante Garfagnino della Vandelli, infatti la Garfagnana era quasi interamente sotto il dominio estense per diversi secoli, ad eccezione del paese di Castiglione.
Il congiungimento di Modena e Massa collocava la Garfagnana al centro dei traffici provenienti dalla pianura padana e diretti alle terre dell'alto Tirreno e al porto di Livorno.
Ed è qui un altro degli aspetti della modernità della Via Vandelli, in quanto riuscì a far superare le innumerevoli diatribe sui confini tra Modena e Lucca che, grazie alla lungimiranza dei rispettivi ambasciatori, riuscirono ad accordarsi sui transiti comprendendone i reciproci benefici, abolendo gabelle o pedaggi per i mercanti che transitavano fra i due territori.
Modena e Lucca quindi diversi secoli prima avevano abolito quello che solo da pochi anni è avvenuto nella comunità europea.
Sempre sotto l'aspetto della modernità della Via Vandelli si potrebbe parlare a lungo anche degli aspetti tecnici ed ingegneristici, delle singolari ed ardite soluzioni tecniche adottate, percorrendo i numerosi tornanti che spezzano le asperità dei dislivelli e recuperano pendenze idonee a renderla carreggiabile. Si apprezzano inoltre le robuste massicciate a secco con i "gradoni" per assicurare l'appoggio e le "cordonature" per irrigidirle, e vere e proprie opere di rifiniture come il ricciato che costituisce il piano di scorrimento. Per quest'ultimo è stata utilizzata una tecnica particolare con l'inserimento di pezzame di pietra collocato verticalmente, di taglio, adottando nelle curve soluzioni a ventaglio, talvolta ancora oggi perfettamente conservate e che stupiscono l'osservatore.
Oggi l'importanza storica della Vandelli sopravvive anche grazie a noi escursionisti infatti la sua conoscenza si è diffusa notevolmente negli ultimi tempi. La fruizione escursionistica, sicuramente non invasiva e distruttiva può contribuire a salvarla per altri secoli ancora.
La Via Vandelli è accessibile a tutti con un po' di allenamento ed è praticabile da tarda primavera ad autunno inoltrato, infatti la presenza di neve e ghiaccio può rendere pericolosi alcuni tratti ad alta quota.
Da un brano della relazione che il Vandelli fece dopo aver percorso l'itinerario proposto dal Colombini che da Poggio attraversava l'Edron nei pressi del Mulino di Puglianella, proseguiva per Puglianella, Roggio, Campocatino, Canale di S.Viano per giungere sulla Strada Nuova da lui progettata nei pressi di Formignacola, coincidente col percorso da noi effettuato quest'anno.
Il Vandelli relazionando al Conte Giovanni Guicciardini così scrive: "Vi ho osservato i due vestigi di due sentieri strettissimi sopra precipiti per le pecore e capre per gli quali con grandissimo pericolo vi può passare un uomo coraggioso, ma se pone un piede in fallo precipita sino al piano d'Arnetola. I detti due sentieri vanno a finire ove si comincia a salire per la nuova strada aperta nell'anno passato e si salisce per quasi due miglia fino alla bocca dell'Acquifreddi detta di Collembrai (così veniva chiamata allora la Tambura )".
Conclude poi la sua relazione criticando duramente la strada proposta dal Colombini :"la quale è più lunga, mal sicura, piena di orrori e precipizi al di sotto e di pericoli, di sassi e di nevi al di sopra".
Il Monte Tambura
Fra il 1739 e il 1752 il duca di Modena Francesco III fece costruire dal "matematico" Domenico Vandelli una strada che congiungesse Modena a Massa, attraverso l'Appennino tosco-emiliano.
Il matrimonio Cybo-d'Este, stabilito nel marzo 1738 e celebrato nell'aprile 1741, rispondeva agli interessi dinastici degli Estensi, assicurando a Modena uno sbocco al mare; questo fu il motivo determinante di questa strada di comunicazione con la Toscana.
Sembra che la strada sia stata in realtà costruita per scopi militari, per spostare truppe e trainare cannoni fra la Capitale del Ducato e il Tirreno, più che per collegamenti civili: sarebbe stata invece presentata come strada carrozzabile e commerciale per farla in parte pagare alla Comunità locale.
L'antica arteria settecentesca prese il nome di "strada Vandelli" dal nome del suo progettista e tutt'ora esiste.
Più o meno conservata, per ampi tratti dell'Appennino tosco-emiliano.
Dettagli:
L'aspetto che colpisce sulle antiche strade è che esse sono la conseguenza di una profonda intelligenza del territorio, e per quanto ci riguarda la riscontriamo solo a partire dai romani, a differenza degli uomini preistorici o protostorici.
Le antiche vie di comunicazione, per ragioni soprattutto di difesa, erano per lo più vie di crinale.
Solo con la pax romana, che aveva dato tranquillità al territorio iniziano le strade di fondovalle.
Nell'alto Medioevo, in cui le condizioni di sicurezza erano ritornate quasi primitive, favoriscono di nuovo una viabilità di crinale, che era in genere quella preromana.
Questo spiega perché il Vandelli nel suo progetto sicuramente moderno, si sia mosso tenendo conto dei due criteri, senza inventare nulla di nuovo, ma sicuramente migliorando la funzionalità della "strada nuova".
Così Domenico Vandelli quando intraprendeva la "traversata " stradale transappenninica, essa si configurava soltanto come l'ultimo capitolo di una storia stradale di lunga durata, più volte millenaria. La strada da lui progettata in questo tratto, era probabilmente quella che le legioni romane avevano seguito nel trasferimento da Pisa ai "Campi Macri"(Magreta, nei pressi di Sassuolo) nel 177 a.C.
Il tratto invece che da Massa risale la valle del Frigido fino al Passo della Tambura, è un sentiero naturale, una via eterna nella preistoria e nella storia dei Liguri. Fu la via a mare dei gruppi abitanti l'alta Garfagnana e l'Appennino reggiano e modenese, una delle linee di congiungimento fra le due grandi famiglie dei Friniantes e degli Apuani. Così come il tratto da Castelnuovo di Garfagnana fino a Poggio, coincideva con l'antica via Clodia minor.
Tutto questo il Vandelli lo sapeva perché era dedito a molteplici attività attinenti la geografia, la cartografia, l'organizzazione del territorio, oltre che alla letteratura, alla storia, all'archeologia e talora anche alla medicina.
La sua ricca produzione è testimone di una cultura enciclopedica, comune al mondo intellettuale del suo secolo, poco incline alla specializzazione. Del Vandelli cartografo possiamo dire in particolare che la famosa 'Carta del Vandelli' risalente al 1746 costituisce il miglior risultato della cartografia prodotta fino a quella data sul Ducato di Modena quanto a completezza di notizie ed a precisioni tecniche.
La sua profonda conoscenza del territorio è fuori discussione ed eco perché il Duca di Modena affida a lui l'ambizioso progetto di quella che si può definire la prima "strada moderna" nell'Italia del 700. Anche a rischio della noia, dobbiamo richiamare qui i cenni storici che risalgono al matrimonio di Ercole Rinaldo d'Este , erede del Ducato di Modena e Maria Teresa Cybo Malaspina, duchessa di Massa che rappresentò l'unione politica dei due stati.
La costruzione della "Strada Nuova" che doveva congiungere Modena a Massa, rappresenta per il
Duca di Modena Francesco III, la sicurezza di uno sbocco al mare che gli avrebbe consentito
di migliorare i mercati con i paesi vicini e la creazione di un porto per l'attracco dei vascelli cosa che poi non fu possibile a causa dei bassi fondali. In caso di guerra la Strada Nuova avrebbe offerto un'ottima via alle truppe che, percorsa senza pericolo la distanza fra Modena e Massa completamente in territorio estense, potevano giungere con facilità alla costa tirrenica. I progetti furono diversi e l'ingegnere massese Francesco Maria Colombini, affiancato al Vandelli si trova spesso in disaccordo sui luoghi dove far passare il tracciato della Strada della Tambura (così era chiamata nel versante massese).
Il Vandelli criticò duramente le proposte del Colombini e alla fine fu realizzato il suo progetto anche nella parte delle Alpi Apuane.
Certamente uno dei criteri che resero "moderna " la strada, fu proprio per volontà del Duca di Modena che volle la strada larga 10 braccia nei rettilinei e 20 nelle voltate, proprio per permettere il transito dei carri e delle carrozze, al posto delle quattro braccia (circa 2,32 metri) che permetteva al massimo il passaggio delle bussole portate a spalla.
Costruzione:
I lavori iniziano nel 1738, ma dal 1742 al 1748 furono interrotti a causa della
guerra di successione austriaca e l'allontanamento degli Estensi da Modena. Ripresero i lavori nell'inverno 1749 dopo il ritorno degli Estensi. Nel 1751 la strada era praticamente ultimata ma fu percorsa raramente da carrozze nel tratto da Resceto a Vagli a causa dell'asperità del terreno e degli inverni rigidi e prolungati.
La Strada della Tambura non ebbe quindi molto successo e perse presto d'importanza. Inoltre fu costruito un altro percorso più rapido e sicuro che collegava la regione emiliana con Massa, attraverso il Passo del Cerreto e la Lunigiana, transitando per Fivizzano, Fosdinovo, Caniparolo. Ritornerà importante durante il secondo conflitto mondiale, quando la provincia di Massa era separata dal resto dell'Italia dalla Linea Gotica.
La popolazione di Massa e dintorni, duramente provata dalla guerra, produceva sale per evaporazione dell'acqua del mare, che poi scambiava con altre provviste con le genti della Garfagnana e dell'Appennino, utilizzando il passo della Tambura da cui in quegli anni difficili transitarono migliaia di persone spinte dalla volontà di sopravvivere.
Più successo ebbe invece il versante Garfagnino della Vandelli, infatti la Garfagnana era quasi interamente sotto il dominio estense per diversi secoli, ad eccezione del paese di Castiglione.
Il congiungimento di Modena e Massa collocava la Garfagnana al centro dei traffici provenienti dalla pianura padana e diretti alle terre dell'alto Tirreno e al porto di Livorno.
Ed è qui un altro degli aspetti della modernità della Via Vandelli, in quanto riuscì a far superare le innumerevoli diatribe sui confini tra Modena e Lucca che, grazie alla lungimiranza dei rispettivi ambasciatori, riuscirono ad accordarsi sui transiti comprendendone i reciproci benefici, abolendo gabelle o pedaggi per i mercanti che transitavano fra i due territori.
Modena e Lucca quindi diversi secoli prima avevano abolito quello che solo da pochi anni è avvenuto nella comunità europea.
Sempre sotto l'aspetto della modernità della Via Vandelli si potrebbe parlare a lungo anche degli aspetti tecnici ed ingegneristici, delle singolari ed ardite soluzioni tecniche adottate, percorrendo i numerosi tornanti che spezzano le asperità dei dislivelli e recuperano pendenze idonee a renderla carreggiabile. Si apprezzano inoltre le robuste massicciate a secco con i "gradoni" per assicurare l'appoggio e le "cordonature" per irrigidirle, e vere e proprie opere di rifiniture come il ricciato che costituisce il piano di scorrimento. Per quest'ultimo è stata utilizzata una tecnica particolare con l'inserimento di pezzame di pietra collocato verticalmente, di taglio, adottando nelle curve soluzioni a ventaglio, talvolta ancora oggi perfettamente conservate e che stupiscono l'osservatore.
Oggi l'importanza storica della Vandelli sopravvive anche grazie a noi escursionisti infatti la sua conoscenza si è diffusa notevolmente negli ultimi tempi. La fruizione escursionistica, sicuramente non invasiva e distruttiva può contribuire a salvarla per altri secoli ancora.
La Via Vandelli è accessibile a tutti con un po' di allenamento ed è praticabile da tarda primavera ad autunno inoltrato, infatti la presenza di neve e ghiaccio può rendere pericolosi alcuni tratti ad alta quota.
Da un brano della relazione che il Vandelli fece dopo aver percorso l'itinerario proposto dal Colombini che da Poggio attraversava l'Edron nei pressi del Mulino di Puglianella, proseguiva per Puglianella, Roggio, Campocatino, Canale di S.Viano per giungere sulla Strada Nuova da lui progettata nei pressi di Formignacola, coincidente col percorso da noi effettuato quest'anno.
Il Vandelli relazionando al Conte Giovanni Guicciardini così scrive: "Vi ho osservato i due vestigi di due sentieri strettissimi sopra precipiti per le pecore e capre per gli quali con grandissimo pericolo vi può passare un uomo coraggioso, ma se pone un piede in fallo precipita sino al piano d'Arnetola. I detti due sentieri vanno a finire ove si comincia a salire per la nuova strada aperta nell'anno passato e si salisce per quasi due miglia fino alla bocca dell'Acquifreddi detta di Collembrai (così veniva chiamata allora la Tambura )".
Conclude poi la sua relazione criticando duramente la strada proposta dal Colombini :"la quale è più lunga, mal sicura, piena di orrori e precipizi al di sotto e di pericoli, di sassi e di nevi al di sopra".
Il Monte Tambura