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San Pellegrino
A 1525 metri sul livello del mare sorge il paese abitato che si trova nel punto più alto di
tutto l'Appennino: si tratta di S. Pellegrino in Alpe. Un punto strategico, che in passato
collegava il Nord Italia con il resto della penisola.
La storia del paese e del suo importante valico è testimoniata dall'antico ospitale, che a tutt'oggi è sede del Museo Etnografico (Museo della campagna e della vita di ieri).
La prima stanza fu aperta il primo agosto 1970. Un anno dopo furono aperti altri due saloni.
Poi, ultimati i lavori di restauro effettuati dalla Soprintendenza di Pisa (durati tre anni), nel museo furono ricostruite una cantina, due camere, una cucina, un salone per l'agricoltura e panificazione, altri per la conciatura, la filatura, la lavorazione della canapa, del lino, della lana, un salone per ricami, una calzoleria, un salone di utensili per cucina, per negozi di tabaccheria e i saloni delle ceste, del falegname, del fabbro, del mugnaio e, per ultimo, una mansarda.
Non possiamo dimenticarci, inoltre, di ricordare il paese di Pieve Fosciana, che si estende sulle terrazze alluvionali sul lato appenninico della valle del Serchio.
Nota per la sua sorgente termale e per l'antica pieve, Pieve Fosciana può contare sulle acque sulfureo-radioattive del lago di Prà di Lama.
Il comune di Castiglione di Garfagnana, che si estende nella Media Valle del Serchio (tra le Alpi Apuane e l'Appennino) fu originariamente dominio dei Gherardinghi.
Fu poi occupato dai lucchesi (1169 e 1227) e subì la violenza nazifascista durante l'occupazione tedesca.
Conosciuto per il borgo medioevale, Castiglione è famoso anche per la presenza di impianti sciistici (località Casone di Profecchia).
Da ricordare anche il passo delle Radici, unico per la varietà degli accessi (otto sul versante emiliano) e per la lunghezza delle risalite dalla Pianura Padana.
La vicenda del pellegrino è storia
1004-2004: mille anni di storia e tradizioni perpetuate con orgoglio ed uno spirito di appartenenza straordinari.
Mille anni che nel 2004 la comunità di San Pellegrino ha deciso di festeggiare con un investimento notevole in termini economici e di impegno umano rivolti verso tre direttrici: iniziative di carattere culturale, iniziative di carattere folkloristico ed iniziative di carattere religioso.
Leggenda: San Pellegrino, Il diavolo ed il Monte Forato.
Museo Etnografico
L'impegno più gravoso ed oneroso dal punto di vista culturale è il restauro degli affreschi della chiesa parrocchiale.
Nella sagrestia gli affreschi illustrano la vicenda del santo pellegrino, e del ragazzo che l'accompagnava, che, in pellegrinaggio per andare a Roma, chiede ospitalità al conte Ermanno.
Il conte avrebbe concesso anche l'ospitalità, ma il suo servo Ono li manda via ed entrambi troveranno la morte in una notte di tempesta.
Si sono trovate date che accertano la realizzazione di molti degli affreschi presenti in questa chiesa nel 1300.
Data in cui il ricordo della vicenda del santo pellegrino deve essere stato ancora molto fresco, tramandato di padre in figlio. Si pensa che questo avvenimento sia realmente accaduto.
Nella chiesa ci sono molti affreschi. Alcuni, una decina, sono di Matteo da Gualdo.
In questa chiesa hanno lavorato diversi autori e probabilmente anche di scuola marchigiana.
E c'è una ragione storica ben precisa, perché questa chiesa anticamente dipendeva da Fonte Avellana e sino al 1700 era retta dai monaci di Fonte Avellana.
Quindi questi monaci portavano autori marchigiani, perché erano quelli che conoscevano.
Troviamo infatti il polittico di Di Girolamo da Camerino.
Ci sono degli affreschi commissionati da Antonia Magni che sono opera di un pittore che ha realizzato almeno otto dipinti, riconoscibili da un particolare: delle rose con una corona di 8 pallini, oltre ad altre testimonianze di altri autori.
Le colonne che sorreggono le tre arcate sono tutte staccate dalle pareti e sono state realizzate, quindi, in epoca successiva, dopo il 1400, ed in qualche punto nascondono anche frammenti di affreschi.
San Pellegrino era una parrocchia molto povera. Fino a 40 anni fa tutte le altre parrocchie avevano qualche podere, San Pellegrino non aveva un metro quadrato di terra.
Perché, nonostante ciò, la chiesa è ricca di opere d'arte?
In passato la gente, quando moriva, anziché lasciare tutto in eredità ai familiari, elargiva una parte consistente del suo patrimonio per arricchire la chiesa.
Il polittico di Girolami di Giovanni è stato commissionato da un prete, don Angelo di Gualdo Tadino.
Altra tela del Giammarchi è stata commissionata da un altro devoto.
Durante il restauro degli affreschi della chiesa parrocchiale sono state scoperte delle date del 1300 che inducono a pensare che la storia del pellegrino non sia una leggenda ma storia vera.
Gli affreschi dal 1300 al 1600 della crocifissione.
Nella preparazione dei festeggiamenti del Millennio della vicenda del Pellegrino di San Pellegrino, una parte preponderante l'occupano il restauro degli affreschi della chiesa.
Un intervento prezioso sul piano culturale ma costoso sul piano economico per una realtà piccola come quella sanpellegrinese.
Perché gli artisti non firmavano gli affreschi?
Non lo sappiamo di preciso. Probabilmente per il fatto che in evidenza non doveva esserci l'artista, ma il committente, colui che pagava per la realizzazione dell'opera.
In uno dei dipinti si legge infatti che è stato commissionato da una certa Antonia Magni.
La storia del paese e del suo importante valico è testimoniata dall'antico ospitale, che a tutt'oggi è sede del Museo Etnografico (Museo della campagna e della vita di ieri).
La prima stanza fu aperta il primo agosto 1970. Un anno dopo furono aperti altri due saloni.
Poi, ultimati i lavori di restauro effettuati dalla Soprintendenza di Pisa (durati tre anni), nel museo furono ricostruite una cantina, due camere, una cucina, un salone per l'agricoltura e panificazione, altri per la conciatura, la filatura, la lavorazione della canapa, del lino, della lana, un salone per ricami, una calzoleria, un salone di utensili per cucina, per negozi di tabaccheria e i saloni delle ceste, del falegname, del fabbro, del mugnaio e, per ultimo, una mansarda.
Non possiamo dimenticarci, inoltre, di ricordare il paese di Pieve Fosciana, che si estende sulle terrazze alluvionali sul lato appenninico della valle del Serchio.
Nota per la sua sorgente termale e per l'antica pieve, Pieve Fosciana può contare sulle acque sulfureo-radioattive del lago di Prà di Lama.
Il comune di Castiglione di Garfagnana, che si estende nella Media Valle del Serchio (tra le Alpi Apuane e l'Appennino) fu originariamente dominio dei Gherardinghi.
Fu poi occupato dai lucchesi (1169 e 1227) e subì la violenza nazifascista durante l'occupazione tedesca.
Conosciuto per il borgo medioevale, Castiglione è famoso anche per la presenza di impianti sciistici (località Casone di Profecchia).
Da ricordare anche il passo delle Radici, unico per la varietà degli accessi (otto sul versante emiliano) e per la lunghezza delle risalite dalla Pianura Padana.
La vicenda del pellegrino è storia
1004-2004: mille anni di storia e tradizioni perpetuate con orgoglio ed uno spirito di appartenenza straordinari.
Mille anni che nel 2004 la comunità di San Pellegrino ha deciso di festeggiare con un investimento notevole in termini economici e di impegno umano rivolti verso tre direttrici: iniziative di carattere culturale, iniziative di carattere folkloristico ed iniziative di carattere religioso.
Leggenda: San Pellegrino, Il diavolo ed il Monte Forato.
Museo Etnografico
L'impegno più gravoso ed oneroso dal punto di vista culturale è il restauro degli affreschi della chiesa parrocchiale.
Nella sagrestia gli affreschi illustrano la vicenda del santo pellegrino, e del ragazzo che l'accompagnava, che, in pellegrinaggio per andare a Roma, chiede ospitalità al conte Ermanno.
Il conte avrebbe concesso anche l'ospitalità, ma il suo servo Ono li manda via ed entrambi troveranno la morte in una notte di tempesta.
Si sono trovate date che accertano la realizzazione di molti degli affreschi presenti in questa chiesa nel 1300.
Data in cui il ricordo della vicenda del santo pellegrino deve essere stato ancora molto fresco, tramandato di padre in figlio. Si pensa che questo avvenimento sia realmente accaduto.
Nella chiesa ci sono molti affreschi. Alcuni, una decina, sono di Matteo da Gualdo.
In questa chiesa hanno lavorato diversi autori e probabilmente anche di scuola marchigiana.
E c'è una ragione storica ben precisa, perché questa chiesa anticamente dipendeva da Fonte Avellana e sino al 1700 era retta dai monaci di Fonte Avellana.
Quindi questi monaci portavano autori marchigiani, perché erano quelli che conoscevano.
Troviamo infatti il polittico di Di Girolamo da Camerino.
Ci sono degli affreschi commissionati da Antonia Magni che sono opera di un pittore che ha realizzato almeno otto dipinti, riconoscibili da un particolare: delle rose con una corona di 8 pallini, oltre ad altre testimonianze di altri autori.
Le colonne che sorreggono le tre arcate sono tutte staccate dalle pareti e sono state realizzate, quindi, in epoca successiva, dopo il 1400, ed in qualche punto nascondono anche frammenti di affreschi.
San Pellegrino era una parrocchia molto povera. Fino a 40 anni fa tutte le altre parrocchie avevano qualche podere, San Pellegrino non aveva un metro quadrato di terra.
Perché, nonostante ciò, la chiesa è ricca di opere d'arte?
In passato la gente, quando moriva, anziché lasciare tutto in eredità ai familiari, elargiva una parte consistente del suo patrimonio per arricchire la chiesa.
Il polittico di Girolami di Giovanni è stato commissionato da un prete, don Angelo di Gualdo Tadino.
Altra tela del Giammarchi è stata commissionata da un altro devoto.
Durante il restauro degli affreschi della chiesa parrocchiale sono state scoperte delle date del 1300 che inducono a pensare che la storia del pellegrino non sia una leggenda ma storia vera.
Gli affreschi dal 1300 al 1600 della crocifissione.
Nella preparazione dei festeggiamenti del Millennio della vicenda del Pellegrino di San Pellegrino, una parte preponderante l'occupano il restauro degli affreschi della chiesa.
Un intervento prezioso sul piano culturale ma costoso sul piano economico per una realtà piccola come quella sanpellegrinese.
Perché gli artisti non firmavano gli affreschi?
Non lo sappiamo di preciso. Probabilmente per il fatto che in evidenza non doveva esserci l'artista, ma il committente, colui che pagava per la realizzazione dell'opera.
In uno dei dipinti si legge infatti che è stato commissionato da una certa Antonia Magni.